Trends del mercato auto: vincerà il brand o il value for money?
Di Riccardo BellumoriMolti Consumatori che ricordano di aver sentito ripetere insistentemente il termine “Brand” dalla fine degli anni Novanta, potrebbero credere che questa sia l’ultima moda (passeggera) del Marketing, data il relativamente recente dibattito in tema.
Invece il “Brand Management” è piuttosto “vecchio”, dato che è uno Skill approfondito ed applicato fin dagli anni ’30 dalla Procter&Gamble, la famosa Global Company storicamente multi-nazionale ma anche multi–marchio. In questa Compagnia entrò a far parte un giovane manager che nel 1931 individuò – in parole povere – l’esigenza di strutturare dentro il gruppo dei “Brand Men” – Managers responsabili di ciascun marchio appartenente a P&G – da cui scaturirà successivamente il concetto più ampio di “Branding”.
Per cui, la percezione – anche nel mondo Automotive – che si senta parlare di Brand solo ultimamente è, in realtà, più che altro l’effetto di una “scaletta” strategica attuata scientificamente dai Costruttori.
Il Brand, questo nuovo concetto di solo 80 anni fa…
Questi ultimi, passando dagli albori della segmentazione di Mercato degli anni ’50 alle caratteristiche di eccellenza del prodotto (anni ‘60/70) fino alla Corporate Identity tipica della nascita dei Grandi Gruppi Automotive negli anni ‘80/90, hanno preparato i Consumatori alla rivoluzione culturale del “Branding” iniziata negli anni ’90 e successivi, integrando ed amplificando il coinvolgimento emotivo dato dagli “Status Symbols” esplosi ed evoluti dalla fine degli anni ’50.
In realtà, dunque, sono decenni che tutti i marchi Auto si impegnano nella costruzione e valorizzazione del proprio Brand. Se il concetto di Brand ci accompagna da tempo, c’è invece un termine tornato molto in voga proprio negli anni ’90 (ma che da allora sembrava scomparso nelle valutazioni dei potenziali consumatori): quello di “Value for Money”.
Cosa identifica un Brand? Qualità del Prodotto + Corporate Image + Posizionamento sul Mercato. Questo, faccio presente, a mio modestissimo avviso….
Essenzialmente sono queste le coordinate universalmente condivise per identificare un Brand, ecco perché non tutti i Marchi auto, ad oggi, possono ancora definirsi propriamente “Brands”.
Anche perché nel momento di massimo sviluppo del mercato in “Occidente”, alla fine degli anni ’80, si è insinuata – presso una Clientela potenziale al suo massimo punto di maturità e cultura di acquisto – il concetto opposto di “Status Symbol” mentre il paradigma della “Qualità Totale” (divenuto poi un dogma dei Brands) diventò un indice di misurazione, effettivamente, del cosidetto “Value For Money” : pubblicità e propaganda dei Marchi Costruttori, servizi e “prove su strada” sui Media e presentazioni aziendali accentuavano l’attenzione su questo aspetto, cioè su ciò che effettivamente compravi in ragione del prezzo che ( più o meno ragionevolmente ) spendevi.
Mentre questo accadeva nel “Vecchio Continente” e negli Usa, si aprivano tuttavia le porte del “resto del Mondo”. Est Europa, Sud America, Asia: tutti mercati “neonati” dove a far presa – del modello Occidentale – sarebbe stato in primis di nuovo il concetto del “Brand”, accentuato sia dalla attività di concentrazione dei Grandi Gruppi (tipico degli anni ’90) sia dalla diffusione dei sistemi di acquisto fortemente finanziati.
Brand e Value For Money: a volte coincidono?
Fatto questo velocissimo excursus storico, la domanda da porsi ritengo sia appunto la seguente: “Brand” e “Total Quality” sono ormai – forse non sempre a ragion veduta – accumunate praticamente… per atto di Fede.
Ma invece: “Brand” e “Value for Money” sono a loro volta aspetti sempre “siamesi” o forse anche no? In sintesi, l’acquisto “Brand Oriented” può coincidere con una offerta di qualità al giusto prezzo?
Il “Value for Money” in questo si identifica con una sorta di “equazione sensoriale”: percepire di aver speso il giusto in riferimento alle qualità e alle caratteristiche del prodotto acquistato. Anche se le qualità del prodotto non sono percepite da tutti nello stesso modo.
Il Brand, e tutto ciò che lo circonda, per un certo tipo consumatore è invece universale e prioritario: attraverso l’acquisto “Brand Oriented” il Cliente mette in evidenza il proprio senso di appartenza totale, e di identificazione. Laddove questa stessa condizione può condizionare la percezione di qualità e di spesa.
Acquistare un Brand significa dunque ancora oggi distinguersi, preferendo gratificarsi con caratteristiche “universali” del prodotto acquistato. Tuttavia, se all’atto della rivendita del prodotto “Brand” una esagerata svalutazione dell’usato non “remunerasse” più (in proporzione) i costi di acquisto e gestione, il prodotto manterrebbe in ogni caso, lo status di prodotto “Brand”? E’ il quesito dei giorni nostri, ed è la dura legge del “TCO” (Total Cost of Ownership)…
Puntando invece sull’acquisto orientato dal “Value for Money,” l’approccio emozionale deve sempre e soltanto confrontarsi con la parte razionale.
Ecco perché non sempre ad un prodotto “Brand” potrebbe corrispondere un corretto “Value for Money”, anche il processo di acquisto privilegia considerazioni diverse a seconda del tipo di ricerca.
Tuttavia il dubbio rimane: oggi il potenziale acquirente è più sensibile al “Value for Money” o al “Brand”? Al mercato, prossimo venturo, la risposta.
Riccardo Bellumori
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