Elon. Quel grandissimo figlio di…. Lehman
Di Riccardo BellumoriTesla. Nikola. Faraday. Non lo sapevo ancora, ma mi mancava una “Ampere Motors”, che in effetti esiste e realizza in America una simpatica e performante “3 ruote”. Tacendo della “Volt” di Chevrolet, in quanto ogni realizzazione elettrica della GM, dopo il flop della “EV1” va guardata con una certa apprensione. E i poveri Edison e Ohm, credo, sono fuori dalla contesa automobilistica perché “appaltati” da altri settori economici, anche se esistono riferimenti storici – per quanto incerti – che testimonierebbero di un incontro tra Edison e Ford intorno alla prima decade del 1900 per un progetto di auto elettrica.
Insomma, appena “ri-nato” il mondo dell’auto elettrica ha già dato fondo a quasi tutti i nomi che hanno fatto storia. Ma è difficile negare che il nome più famoso tra i “player” di questo mercato è senza dubbio quello di Elon Musk. Se per Earle C. Anthony “auto elettrica” nel 1897 significò una carrozza dentro cui era piazzato un motore elettrico da 1,5 cavalli, per Elon fu – 110 anni dopo, al Salone di Londra del 2007 – la “Roadster”, 248 Cv e 3,9 secondi da 0 a 100 Km/h. Appena uscita, forse, la “Ferrari di Google” (come fu definita in un titolo da Quattoruote) non dovette dare molti patemi ai grandi Costruttori come invece un po’ tutto il brand “Tesla” diede dopo quello che alla storia passa come “il Crack Lehman”. Da quel terremoto le Big Three uscirono con parecchie ossa rotte e il rischio concreto di un default globale. Da quel terremoto le stesse Case americane ed altre uscirono fuori non solo cambiando assetto (cessione o soppressione di Marchi, uscita dalle Competizioni, chiusura di stabilimenti e tagli draconiani ai costi) ma avviando un serio recupero di attenzione e strategie verso la mobilità elettrica.
Elon e quel sogno di un diciassettenne: Earle C. Anthony
Dove Tesla, invero, cominciò un “rally” di immagine e di quote di mercato non solo per il profilo da “Smart Company” (sede nella Silicon Valley, immagine giovane e agilità strategica) ma anche per il notevole Know-How con il quale si è presentata: non solo nelle proprie realizzazioni (un esempio su tutti, la “Sim Card” piazzata nelle diverse auto per il controllo e l’assistenza da remoto) ma anche nella partnership e fornitura di servizi alle altre Case, vedi Mercedes – MCC e Toyota.
Cio’ tuttavia non basta, a mio avviso, a spiegare il fascino ed il seguito che sia la Tesla che lo stesso Musk hanno raggiunto in questi anni.
Perché furono tecnologiche, innovative e legate ad una concetto di cambiamento anche la Chrysler “ETV-1” del 1979 come la GM “EV1” del 1992. Che tuttavia fallirono.
E allora non si può negare che in primo luogo spicca proprio la figura di Musk, il papà del primo Premium Brand elettrico internazionale, capace in poco più di 10 anni di portare uno dei Marchi più giovani della storia da “rookie” a benchmark di riferimento per la concorrenza (anche se parlare di concorrenza per Tesla è un concetto vago).
Nessuno può negare che sia Elon Musk la “golden share” di Tesla, che con la sua immagine costituisce il valore aggiunto e l’arma in più sul mercato per la Casa americana.
Di fronte a questo nuovo protagonista del mercato, è sorprendente vedere che – in tema di auto elettrica – non bastano il pedigree o la solidità storica dei più blasonati concorrenti.
Il benchmark oggi è tutto di questo miracolo industriale di Palo Alto, ed Elon Musk è da considerare di diritto come il “guru individuale” di questo mercato.
Quanto contano i Social? Chiedetelo a Piero Dusio…
C’entra qualcosa l’esistenza dei Social? Sicuramente. Perché se il discrimine più importante per salire alla ribalta fosse l’innovazione e la rottura degli schemi allora alla data di oggi vedremmo sulle nostre strade ancora le realizzazioni del Commendator Piero Dusio (Cisitalia) e persino di John De Lorean. Nel 1946 nasce la Cisitalia. E si badi bene, nasce con una precisa eresia alla sua base: quella di diffondere l’uso dell’auto in un periodo post bellico nel quale era impossibile pensare ad una esplosione dell’uso privato.
In soli 4 anni di vita, (prima dell’amministrazione controllata) il tempo di impiantare un semplice business plan per una media impresa odierna, Piero Dusio rivoluziona quasi tutti i canoni progettuali e produttivi dell’epoca.
Si circonda di tecnici leggendari (Abarth, Giacosa, Hruska, successivamente Ferry Porsche), propone concetti di auto innovativi : la entry level per correre, la D46; la rivoluzionaria 202 di Pinifarina, la prima auto esposta in un Museo d’Arte
E infine, la misteriosa e lunare Cisitalia 356 Grand Prix.
L’imprenditore torinese finirà quasi in bancarotta per finanziare i suoi sogni, e troppo presto l’avventura della Cisitalia si spense. Tuttavia, il segno lasciato dalla Cisitalia di Dusio sarà la traccia su cui si svilupperà l’automotive moderno del Dopoguerra.
Elon, che realizza quel “Ritorno al futuro” della DMC12…
Nel 1986 invece, 40 anni dopo la nascita di Cisitalia, terminava definitivamente (con la chiusura del marchio) l’avventura più controversa di John De Lorean e della sua creatura. La storia è nota più per il fatto che l’auto prodotta, la DMC-12, è la protagonista della serie Ritorno al Futuro, eppure la vicenda di De Lorean a suo modo è davvero intrigante.
John Zackary De Lorean era un ex Vice Presidente di GM, ma essendo un innovatore lasciò la GM per dissidi con il Management in tema di sviluppo industriale, che lui riteneva essere basato su criteri troppo vecchi. Così, nel 1975, fondò la De Lorean Motor Company e pretese una vettura di larga diffusione che nello stesso tempo (per il periodo) rivelasse alcuni caratteri rivoluzionari per il mercato auto globale.
Carrozzeria in acciaio inox disegnata da Giorgetto Giugiaro, motore centrale posteriore di origine Peugeot/Volvo/Renault, e su tutto tre concetti tra loro davvero alternativi: Low Cost (De Lorean ipotizzava un prezzo fisso e basso); World Car (la DMC 12 era stata progettata per essere omologata senza problemi in tutto il mondo); caratterizzazione Sport Premium (il motore V6 non assicurava alla DMC12 prestazioni mozzafiato, ma l’auto doveva trasmettere uno status sportivo più che bruciare semafori). Insomma, la De Lorean è a sua volta una figlia lungimirante del suo tempo, poichè nasce in risposta ad una delle più grandi crisi energetiche che colpirono il mondo all’inizio degli anni Settanta.
Elon: figlio di Dusio, di De Lorean, o… di Lehman?
Eppure, nonostante questo indirizzo operativo, l’avventura crollò ben presto e – si badi bene – separatamente dall’accusa di spaccio di cocaina che investì De Lorean nel corso di quegli anni e che fu smontata pezzo per pezzo dalla difesa del Manager.
A far precipitare le cose fu soprattutto un affaire di fondi, operazioni finanziarie e fiscali e investimenti pubblici in Irlanda. Protagonisti: il leggendario Colin Chapman, il premier Margareth Thatcher e una ridda di voci e leggende che investirono l’affare.
Cosa lega Piero Dusio a John De Lorean, ed infine questi due ad Elon Musk?
Un concetto rivoluzionario, la presenza di nomi importanti come progettisti e partner, un certo antagonismo verso lo “status quo” dei grandi Costruttori, ed una comune idea di avvicinare prodotti esclusivi alla massa dei potenziali clienti.
Anche se la partenza dei rispettivi progetti è stata facilitata da notevoli disponibilità finanziarie di ciascuno dei promotori, Dusio e De Lorean hanno fallito, mentre Tesla continua – seppure con alcune criticità – il suo percorso. Con un vero ed unico punto in comune, culturalmente, tra i tre: Elon Musk possiede una concezione open source che gli ha permesso (come a Dusio e De Lorean) di estendere la platea dei suoi collaboratori a personaggi molto eterogenei tra loro. Certo, le differenze sono di natura epocale: Musk è un animale da web, da social. Dusio e De Lorean sono vissuti in epoche ben diverse. E come Dusio e De Lorean, Elon Musk concepisce la sua creatura durante una crisi mondiale: infatti la Cisitalia nasce durante la tragica ricostruzione post bellica in Italia, la De Lorean nasce nel periodo della crisi energetica degli anni ’70, e la Tesla nasce dopo l’11 Settembre 2001e si espande appunto dopo la famosa crisi dei “Mutui Subprime” negli USA.
Ma mi sia consentita una serie di domande, alle quali non credo sarà facile dare una risposta incontrovertibile:
- Senza le politiche di Obama, ed il programma ATVM (Advanced Technology Vehicles Program) – che in verità ha previsto capitale di debito rivolto a tutta l’industria auto USA per progetti che diminuissero la dipendenza della mobilità dal petrolio– Tesla avrebbe beneficiato di un panorama politico così favorevole alla sua Mission?
- Senza il tracollo delle Big Three legato al “Crack Leham”, i tre Gruppi più potenti dell’Industria meccanica Usa sarebbero riuscite se non altro a mettere, almeno politicamente (Media, attività di Lobbyng, etc…) i “bastoni tra le ruote” alla Tesla come nella loro storia sono riusciti a fare praticamente verso chiunque ha osato attraversare la loro strada e minacciare i loro piani di Business?
- Senza la ridondanza di immagine e notorietà garantita dai Social, che certo Elon Musk ha saputo e sa sfruttare al meglio, questo rampante sudafricano di bell’aspetto e dal sorriso accattivante (oltre che dalla gran testa) sarebbe riuscito a diventare il “Guru” che in effetti è al momento?
A voi le tante, plausibili, risposte.
Riccardo Bellumori
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