Auto ad aria compressa: sogno o realtà?

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Molti di voi ne avranno sentito parlare almeno una volta. L’auto ad aria compressa, un misto tra fantascienza e sogno tecnologico. Eppure, nel mondo dell’auto esistono veramente queste vetture che, purtroppo, stentano a trovare spazio nella commercializzazione.

Eppure esistono. Eccome se esistono! Basta fare una veloce ricerca in rete per rendersi conto di come – specialmente all’estero – ci sono aziende che hanno investito milioni di euro su ricerca e sviluppo dei motori ad aria compressa.
Una delle realtà più attive in questo mondo è sicuramente la MDI della famiglia Négre, padre e figlio. Si tratta di un’azienda pioniera nel campo dell’alimentazione ad aria compressa, che ha brevettato l’AirPod, ossia la vettura che vedete in foto.

Una vettura futuristica e dalle forme strane, che però ha ottenuto l’omologazione europea e – pertanto – la si potrebbe usare senza problemi nelle nostre città. Ma l’AirPod non è la sola in commercio, ne esistono molte altre, molto valide, ma che fanno fatica ad emergere.

Tuttavia, se un produttore come TATA Motors ha firmato un accordo con la MDI per la produzione indiana di queste auto, un motivo dovrà pur esserci. Economica, ecologica, dal costo simile ad una utilitaria a benzina. Con 1,80 euro si potrebbe fare un “pieno” d’aria che garantirebbe 200 km di autonomia.

Ma come funziona? Tecnicamente, tutto è molto simile a quanto accade nei motori a scoppio. In questo caso, l’aria compressa immagazzinata all’interno di bombole in carbonio, ad una pressione di 300 bar, viene inviata all’interno di una camera per l’alimentazione della turbina, a sua volta a contatto con i pistoni per mezzo di un albero motore. A quel punto, la rotazione della turbina mette in funzione l’albero e dà il via al moto dei pistoni.

Sulla validità di questo sistema, le opinioni sono contrastanti. De un lato, abbiamo questi produttori che tentano la rivoluzione dell’automobile. Dall’altro, c’è chi sostiene che queste vetture non possono realmente avere uno sviluppo concreto. Effettivamente, i primi modelli “congelavano” dopo 10-15 Km di utilizzo, ma pare che questo problema sia già stato superato. Come? Utilizzando una tecnologia a diversi stadi: si fa espandere l’aria fino ad una certa pressione, la si fa riscaldare e si inizia un nuovo ciclo.

L’altro problema è: come creare l’aria compressa? La produzione avviene con l’ausilio di compressori specifici, alimenti ovviamente dall’energia elettrica. Sarebbe facile, dunque, muovere una critica a chi dice che queste auto hanno emissioni zero. Tuttavia, anche questo ostacolo è facilmente aggirabile: se tali compressori utilizzassero energia da fonti rinnovabili (eolica, fotovoltaica), si avrebbe un effettivo impatto zero sull’ambiente.

Da oltre dieci anni si parla di una possibile rivoluzione che, però, non è ancora avvenuta. Le lobby del petrolio sono così forti da fermare tale rivoluzione o quest’auto è solamente… aria fritta?


 


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