Alfa 75. Nostalgia canaglia
Di Riccardo BellumoriIl 1985 fu anno davvero speciale, per me.
Per la prima volta “mi dichiarai” ad una bellissima coetanea adolescente, mentre per la sua ultima volta in carriera Niki Lauda vinceva in F1 prima di ritirarsi definitivamente dal Circus, Ducati preparava con la magica 750 F1 le vittorie in America dell’anno successivo, ed infine Alfa Romeo compiva 75 anni.
Un periodico di settore, quell’anno, annunciò che la Casa di Arese avrebbe pubblicato un numero speciale del suo “House Organ” (all’epoca si chiamavano così, Internet non c’era…) tutto dedicato all’anniversario, e nell’occasione in via eccezionale lo avrebbe inviato a chiunque, anche non Cliente del Marchio, ne avesse fatto richiesta. A quel punto, mi precipitai subito dal tabaccaio: foglio di carta, richiesta scritta indirizzata alla Sede di Arese, classica busta e ancor più classica leccata sul francobollo, e via alla Cassetta Postale… Erano così le “mail” di quel tempo…
Finalmente, a luglio dell’85 arrivò un plico con lo stemma Alfa in primo piano.
Aprii, e nelle mie mani c’era la rivista: nessun dato tecnico, prova pratica, nessun disegno o didascalia che parlasse di auto in modo specifico. Quel numero speciale era speciale proprio per questo. Non si racccontava l’auto parlando di prodotto, tecnica e prestazioni.
Quella edizione al contrario era una raccolta di aneddoti, racconti, ricordi di persone della società civile (artisti, registi, filosofi, etc…) che avevano percorso una parte di vita con la loro Alfa Romeo: una scelta redazionale geniale!
Nello stesso 1985, a maggio, Alfa Romeo presentò la 75: nata in un momento critico per una Casa con bilanci tragicamente in “rosso” (anche secondo i criteri elastici di contabilità pubblica della capofila I.R.I.) soprattutto dopo il bagno di sangue del rientro in F1 e il flop dell’Arna nel Segmento C, segnò insieme alla precedente Alfa 90 – nella seconda parte degli anni ’80 – anche l’esigenza per Alfa Romeo di cambiare pelle: la decretata fine della benzina rossa, l’imminente obbligo del catalizzatore e la nascente sensibilità ecologica dell’opinione pubblica erano elementi che imponevano di mutare un approccio tecnologico fatto di carburatori doppio corpo, ponte De Dion, potenza e consumi eccezionali.
Più di un problema dunque per l’Alfa Romeo: per questo, dopo l’ultima sfornata di novità del 1982/1983 (riedizione della Duetto Spyder la nuova 33, rimaneggiamento delle Alfasud Sprint e delle GTV), il 1984/1985 fu essenzialmente un periodo all’insegna della raschiatura del barile.
Sparita la Alfa 6, come detto sopra la “90” di Bertone (una profonda revisione stilistica della vecchia piattaforma Alfetta) diventa praticamente la Ammiraglia di Casa sfidando una missione impossibile a cavallo tra il Segmento E ed il Segmento F che, ricordiamolo, in quel momento vantava tra le altre la “W124” di Mercedes, la “serie 5” e la “serie 7” della BMW, le Audi “100” e “200”. Per cui dovendo forzare l’”upgrade” della 90 al di sopra di quello che era stato il segmento naturale della Alfetta, la gamma della 75 venne pompata all’inverosimile – per fronteggiare tutte le dirette concorrenti del Segmento D – attraverso un’estensione di Gamma che ha pochi eguali in Europa a quel tempo: infatti, dalla 1600 cc 4 cilindri fino alla 3.0 V6 da quasi 200 Cv, attraverso serie speciali ed edizioni limitate la 75 dal 1985 al 1993 è l’unica vera arma dell’Alfa Romeo per combattere contemporaneamente Audi 80/90, Bmw Serie 3/5, Mercedes 190, Ford Escort/Sierra, che in quel periodo di mercato erano i modelli e le Case leader nelle vendite.
Dal punto di vista industriale, visti i budget all’osso, la 75 fu un vero miracolo del Centro Stile Alfa Romeo, guidato all’epoca da Ermanno Cressoni, che se non sbaglio fu il primo architetto al mondo a diventare Direttore di un centro stile Auto.
Entrato in Alfa nel 1965 (creò la Giulietta con la sua linea unica, la 33 ed appunto la 75), Cressoni fu capace di una impresa unica, mirata al contenimento dei costi ed alla industrializzazione meno onerosa possibile: nel passare dalla linea di montaggio della Giulietta a quella della 75 mantenne praticamente definito oltre il 70% di lamierati, (scocca, centine e rivestimenti) e complessi meccanici della Giulietta (del 1977), che per inciso già di per sé condivideva la sua piattaforma con Alfetta e GTV di poco precedenti all’epoca.
Il miracolo della 75 in tema industriale e produttivo si estese anche in ambito sportivo: con la 75 Evoluzione del 1986 Alfa Romeo getta il guanto di sfida soprattutto alla BMW M3, e vince nel 1987 e nel 1988 il Campionato Italiano Velocità Turismo, per poi lanciare la 75 Evoluzione IMSA, 3000 cc e 300 Cv. Il canto del cigno…
Per molto tempo, dopo l’ingresso di Alfa Romeo nel Gruppo Fiat, i “puristi” del marchio di Arese esternarono tutta la loro nostalgia – e spesso disapprovazione – riguardo alla mutazione genetica ed industriale del Biscione sotto l’influenza di Mirafiori. E con l’arrivo della “155” a trazione anteriore e pianale condiviso con Fiat “Tipo/Tempra” e Lancia “Dedra” il disappunto divenne quasi un segno di appartenenza alla storia passata. Tutto questo fino all’arrivo della attuale “Giulia”, che ha ridato in qualche modo un nuovo lustro all’orgoglio Alfista. Ciononostante, alla domanda: “Quale è stata secondo Voi l’ultima vera Alfa Romeo?” Credo che la quasi totalità degli “Alfisti puri e duri” rispoderà sempre: “la 75!!!”.
Riccardo Bellumori
Commenta o partecipa alla discussione